Per la prima volta nella prosa e per la prima volta in un ruolo comico. Sabrina Ferilli si rigenera in guêpière per «La presidentessa », celebre pochade di Hennequin e Veber, con la regia di Gigi Proietti, con cui lavora per la prima volta.
Lo spettacolo debutta il 15 dicembre al Politeama Brancaccio (teatro diretto dallo stesso Proietti), poi da gennaio in tournée (tra le piazze, Palermo, Napoli, Firenze, Bologna). In palcoscenico, anche Maurizio Micheli, Paila Pavese e Susanna Proietti, figlia di Gigi.
Dice Sabrina: «Dopo tanti personaggi drammatici e tre musical, dove comunque non ho mai interpretato figure femminili divertenti, come per esempio in "Rugantino", avevo davvero voglia di commedia brillante. Spesso — aggiunge — mi è capitato di essere assimilata alla Magnani o alla Loren, ma sia l’una che l’altra si sono misurate con la comicità: la doppia valenza, cioè il ridere sul tragico della vita, è una caratteristica fondamentale di queste grandi attrici e fa parte del nostro comune patrimonio artistico».
Scritta nel 1912 da due dei più accreditati autori del vaudeville, è la classica commedia degli equivoci, che sviluppa una trama ricca di colpi di scena, tra intrighi paradossali, tresche sentimentali, sotterfugi e irresistibili qui pro quo. L’azione si svolge alla fine dell’Ottocento, in un paesino di provincia. Protagonista è Gobette, diva del varietà, che casualmente introdotta nell’abitazione di un noto magistrato, morigerato e bacchettone, viene scambiata per sua moglie nientemeno che dal ministro della Giustizia, in visita ufficiosa nella cittadina. La «presidentessa» Gobette non solo riesce a sedurre il ministro, ma farà promuovere il presunto marito ad un importante incarico nella capitale, schiudendogli una invidiabile carriera.
Spiega Proietti: «Abbiamo adattato il testo, spostandolo dalla Francia del secondo Impero all’Italia giolittiana. E, naturalmente, anche l’ambientazione è stata trasportata in un paesino del sud e poi non a Parigi, ma a Roma. Questo perché non mi ha mai divertito quel modo lezioso di fare i francesi alla maniera italiana: non fa ridere nessuno».
Tuttavia la «francesità», nell’idea registica, resta nel gergo di Gobette, nome d’arte di una sciantosa di periferia, che tenta di accreditarsi, senza riuscirci, come artista d’oltralpe. Riprende Proietti: «Era la moda dell’epoca, quella di passare per "francesa", stile Mimì Tirabuciò. Così, per ridicolizzare il personaggio, ho pensato di sporcare il linguaggio di Sabrina, con tutta una serie di improbabili francesismi: da un’ostentata erre moscia a vari irresistibili sfondoni».
Come in ogni vaudeville che si rispetti, in palcoscenico abbondano porte che si aprono e si chiudono, nell’andirivieni freneticamente meccanico e parossistico dei personaggi. Commenta Sabrina: «Ogni tanto capita che qualcuno di noi prenda uno stipite in piena fronte, ma questo fa parte del gioco scenico. L’importante è mantenere i ritmi giusti, che devono essere molto sostenuti. Mi sto rendendo conto che è molto più difficile e faticoso far ridere». Insomma, la Ferilli volta pagina e, alludendo alle sue recenti vicissitudini sentimentali, conclude: «Il mio 2005 finisce in bellezza».
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